Oratorio San Giovanni (sec XIII)

L’oratorio di S. Giovanni Battista è il più vicino alla chiesa parrocchiale di S. Stefano di Crodo. Vi si accede dalla piazza del nuovo cimitero e si osserva subito che si trova a un livello più basso del terreno circostante. La costruzione originaria aveva la stessa estensione e planimetria attuali. Si trattava di un’aula rettangolare orientata nella direzione Sud-Nord, in capo alla quale vi era un’abside semicircolare. Non si sa per quale motivo si volle trascurato l’antico uso di orientare la chiesa nella direzione Est-Ovest, uso conservato in tutte le altre costruzioni sacre antiche ossolane. Circa l’epoca della costruzione ci pare di non poter risalire anteriormente al secolo XIII. Perdura infatti il modulo romanico, reso evidente dalla muratura, sia dal disegno, ma con impegno minore rispetto per esempio alla chiesa di S. Stefano. Questo oratorio aveva una porta sulla facciata, poi sostituita da quella attuale e un’altra a metà circa della fiancata sinistra, una piccola porta di appena 70 cm di larghezza, ora murata. Nell’abside appaiono due finestrelle strombate, poste molto lateralmente, ora chiuse. Manca il coronamento del paramento esterno con i tipici archetti ciechi della decorazione romanica. Esistevano probabilmente altre piccole finestre nel muro perimetrale, ma non sono riscontrabili essendo stato ampiamente intonacato. Nulla sappiamo inoltre della facciata e delle decorazioni interne ed esterne.
Il livello antico del pavimento della piccola nave resta a un metro circa al di sotto di quello attuale. Le ricorrenti alluvioni del torrente Alfenza, che è sempre stato un grande pericolo per Crodo, hanno sollevato il terreno circostante di alcuni metri ed invaso a più riprese questo oratorio. Particolarmente grave fu l’alluvione del 1753, gravissima quella del 1755. In questo oratorio il 30 dicembre 1755 gli uomini della frazione Braccio fecero voto pubblico di celebrare la festa di S. Eustachio per essere difesi dalle alluvioni.
Il popolo di Crodo ebbe sempre in grande devozione questo oratorio che in parecchie occasioni sostituì la stessa parrocchiale resa inagibile per lavori in corso od altro. Il vescovo Carlo Bascapè nella sua visita pastorale del 1596 ricorda che per i crodesi l’oratorio di S. Giovanni Battista era « ecclesia maximae devotionis » e ci dà notizia della presenza di due piccoli altari laterali, oltre quello principale, i quali furono in seguito eliminati. Il Bascapè vuole anche che sia ripristinata l’antica usanza di una processione che ogni domenica il popolo ed i curati facevano dalla vicina chiesa parrocchiale a questo oratorio, onde mantenere la devozione tradizionale.
Il motivo di questa devozione è da ricercare nell’attività ed organizzazione di un antica confraternita di disciplinati che, come altre in Ossola, prese come patrono S. Giovanni Battista.

Questo Santo infatti era tenuto in grande considerazione dai pastori ed allevatori di bestiame. Nel giorno della sua festa erano benedetti con particolare cerimonia i fiori e le erbe che poi venivano portati sugli alpeggi per invocare protezione da ogni influsso diabolico e l’allontanamento di tutti i pericoli e malanni per gli uomini ed animali. Nel medesimo giorno aveva inizio il tradizionale inalpamento del bestiame. Questa confraternita si trasformò poi in quella del SS. Sacramento ed ebbe nell’oratorio di S. Giovanni Battista la sua sede ed il luogo delle riunioni dei confratelli per le speciali devozioni. Infatti essendovi in Crodo all’inizio del secolo XVII due confraternite, quella del SS. Sacramento che era la più antica e quella del S. Rosario eretta nel 1619, venne con decreto di visita pastorale del 23 maggio 1658 da parte del vescovo Giulio Odescalchi ordinato di assegnare alla confraternita del SS. Sacramento l’oratorio di S. Giovanni Battista. Successivamente però le due confraternite vennero riunite in una sola, in virtù di un decreto di visita pastorale del vescovo Giovan Battista Visconti del 7 settembre 1690. Le due confraternite dovettero scegliere anche fra l’abito bianco della compagnia del SS. Sacramento e quello ceruleo della compagnia del S. Rosario; la sorte decise per quest’ultimo.

Dopo l’alluvione del 1753 l’oratorio di S. Giovanni Battista fu sopraelevato e ridotto nella forma attuale. Fu necessario non solo innalzare il pavimento ed i muri perimetrali, ma dare nuovo assetto alla facciata che fu dotata di nuova porta coperta da un piccolo protiro pensile. Fu anche costruito un minuscolo campanile sul lato sinistro della facciata. Nel secolo XIX i priori della Confraternita appartenenti alla famiglia Guglielmi contribuirono generosamente a rinnovare le suppellettili e la decorazione. In particolare ad essi è dovuto l’organo (costruito dalla ditta Franzinetti Giovanni di Intra nel 1854), la Via Crucis (firmata da un Zanolo pittore) ed il quadro della Madonna del Buon Consiglio che campeggia sopra l’arco absidale.

Sono anche di questo tempo i bei banchi in noce e gli stalli corali dei confratelli e dei priori, posti lungo i muri perimetrali. Purtroppo il pesante altare in muratura (posto nel 1797) nasconde, e questo era proprio nell’intento di chi lo ha voluto, il vano dell’antica abside che rimane molto basso rispetto al resto della costruzione, ma che conserva importanti e pregevoli affreschi cinquecenteschi. I rifacimenti e le ristrutturazioni avvenute nei secoli non hanno fortunatamente toccato questi affreschi che appaiono in buono stato ed ancora vivi di colore. La eliminazione del mastodontico altare potrebbe renderli più visibili ed apprezzabili senza per questo nulla togliere alla agibilità di questo oratorio. Infatti è da tempo inutilizzato. Tuttavia sarebbe conveniente conservarlo e adattarlo per divenire luogo di riunione per attività religiose e culturali.
Nel semicatino absidale domina al centro un Cristo pantocratore in cornice a mandorla con ai lati i simboli dei quattro Evangelisti.

Sul muro semicilindrico dell’abside si allineano invece alcuni Santi. Sono i protettori celesti verso i quali erano maggiormente devoti i crodesi: S. Giacomo, patrono dei pellegrini e dei viaggiatori in genere, S. Stefano protomartire titolare della chiesa parrocchiale, S. Giovanni Battista, titolare dell’oratorio e patrono della confraternita, S. Antonio Abate e S. Sebastiano invocati contro le malattie infettive degli uomini e degli animali. Questi Santi sono disposti in bell’ordine e sembrano assistere tranquillamente e devotamente al discorso che il Cristo con gesto solenne pare voler fare dall’alto: Ego sum lux mundi, via, veritas et vita (Io sono la luce del mondo, la via, la verità e la vita), come sta scritto sul libro che tiene aperto con la mano sinistra. Ogni Santo ha invece i suoi simboli iconografici che permettono di identificarlo senza ambiguità. I modelli di questi Santi sono ancora quattrocenteschi come li voleva la devozione popolare. Un cartiglio fra i Santi Giacomo e Stefano porta la scritta « Iohannes de Marino fecit fieri hoc opus. MCCCCCXV » (Giovanni de Marino fece fare quest’opera nel 1515). Giovanni era un ricco signore della valle Antigorio, discendente della nobiltà locale, la cui famiglia ha lasciato anche altri segni devozionali nella chiesa parrocchiale ed in altri oratori di Crodo.
Si sa la data ma nulla di chi ha eseguito il lavoro e che non ha voluto porre la sua firma. Tuttavia è facile constatare che si tratta di un pittore che ha lasciato altre opere in Ossola. A Baceno, nella chiesa parrocchiale, al suo pennello, coadiuvato da quello di collaboratori, sono dovuti gli affreschi del presbiterio (eccettuato il Cristo pantocratore che è decisamente più antico e di mano diversa), le sibille ed i profeti che decorano i sottoarchi ed anche gli affreschi della cappella della Madonna in testa alla estrema navata sinistra, recentemente restaurata. Lo stile, la maniera e molti particolari decorativi e tecnici, si rifanno a quel Tommaso Cagnoli, attivo nel Novarese fra il 1450 ed il 1509 (essendo morto nella seconda metà del 1509) e che associò ai suoi lavori tre dei suoi figli: Sperindio, Francesco e Giovanni. Le pitture di Crodo e Baceno appartengono senza ombra di dubbio a questa scuola. Non essendo possibile per ragioni di date attribuirli al maestro Tommaso Cagnoli bisogna attribuirli ai suoi figli. Ma a quale di essi? Intanto questo tipo di pittura, per una infinità di coincidenze strutturali e tecniche, si accosta decisamente ad altra riscontrabile in alcuni paesi del Novarese. Sono, mi pare, facilmente attribuibili alla stessa mano le Storie mariane della chiesa dei Palazzi di Vicolungo, alcuni affreschi dell’oratorio di S. Rocco di Barengo (in particolare la Madonna con il Bambino fra Santi dell’ancona fittile) e quelli della chiesa della SS. Trinità di Momo. Si tratta di un pittore che sa non solo rappresentare i singoli Santi, ma osa affrontare composizioni discorsive più complesse; mostra inoltre nella trattazione delle figure, una grazia di atteggiamenti, qualche ricerca del chiaroscuro e ritocchi di luce che paiono derivare da una certa influenza gaudenziana. Ora sappiamo che dei tre fratelli pittori Cagnoli, Sperindio è probabilmente quello più valente e che ha subito l’influenza di Gaudenzio Ferrari, essendogli stato di aiuto in parecchie opere e per diversi anni. Si sa di lui che ebbe molte commissioni di ancone e cicli pittorici, ma non si conosce alcuna opera da lui firmata. Anche in Ossola la sua attività è accertata da un contratto del 9 febbraio 1519 in cui si impegna a dipingere un’ancona nella chiesa dei SS. Gervasio e Protasio di Domodossola, ancona che è scomparsa con il crollo e rifacimento della stessa chiesa (1). Il fratello Francesco che ha firmato la Madonna di Viganale di Montecrestese nel 1516, mi pare decisamente inferiore al pittore che ha dipinto a Crodo, a Baceno e nei luoghi indicati nel Novarese (2). Propongo quindi come ipotesi più probabile che tutti questi cicli di affreschi che paiono usciti dalla stessa mano siano piuttosto di Sperindio Cagnoli, sebbene in alcune parti mostrino la presenza di un aiuto nel fratello Francesco. E giacchè si parla dei pittori Cagnoli, ricordo che nella casa parrocchiale di Crodo è affrescata una bella Madonna, seduta, con il Bambino in grembo e di tale fattura da poter essere attribuita con sicurezza al pittore che ha steso gli affreschi dell’abside di S. Giovanni Battista. Ma anche questa quanto è superiore sia nel disegno che nei tratti di colore alla Madonna di Viganale di Montecrestese, opera di Francesco Cagnoli! L’atteggiamento della Madonna e la vivacità del Bambino appaiono decisamente superiori. Nella stessa casa parrocchiale di Crodo si può vedere un’altra Madonna seduta in trono con il Bambino sulle ginocchia, affrescata da un ignoto pittore gotico nella prima metà del secolo XV.

NOTE:
1) G. B. Morandi: Schede per la storia della pittura in particolare e dell’arte novarese in generale, in «Boll. St. della Prov. di Novara», 1916, pp. 3-25.
2) Cfr. B. Canestro Chiovenda, Franciscus de Cagnolis de Novaria pinxit, in «Oscellana» 1974, pp. 4143; G. B. e F. M. Ferro, Affreschi novaresi del Quattrocento, Soc. Stor. Novar. 1972, pp. 46, 58-59, 65-67.

 

TRATTO DA: Fede ed Arte a Crodo (T. Bertamini) estratto da Oscellana 1976-1977